Palazzo strozzi: integrazione percorso
La riqualificazione di Palazzo Strozzi ha permesso di ampliare i percorsi e le superfici espositive del Museo della Giostra e dello Spettacolo Popolare, contiguo al palazzo stesso.
Il percorso museale “I luoghi dell’altrove”, così integrato, si caratterizza per due tipologie di visita:
- Percorso storico-antropologico e spettacolare che si sviluppa in tutte le sale, nuove e già esistenti;
- Percorso spettacolare che interessa le nuove sale e che di seguito viene brevemente descritto.
In tutte la sale del nuovo percorso spettacolare sono esposti grandi pannelli illustrati e postazioni video consultabili.
In tutte la sale del nuovo percorso spettacolare sono esposti grandi pannelli illustrati e postazioni video consultabili.

B1 – Sala accoglienza
Nel grande salone d’ingresso è introdotta e spiegata la visita al museo con l’ausilio di immagini e videofilm; ai lati del salone sono esposti grandi pannelli che sintetizzano i temi della mostra.
B2 – Sala Stefano Gobatti
Stefano Gobatti è oggi un nome noto soltanto negli ambienti di cultura musicale, come i Conservatori, le Università, le Accademie, eppure Gobatti è stato il più grande compositore polesano e fu, anche se per breve tempo, un autentico protagonista del melodramma italiano dell’Ottocento. Poi, per una serie di accadimenti che hanno dell’incredibile, è caduto nell’oblio.


B3 – Sale degli spettacoli di piazza
L’ambiente è diviso in due zone: una parte è dedicata alle attrazioni di piazza più popolari come l’albero della cuccagna e gli spettacoli pirotecnici; l’altra parte racconta le vicende del “Giocabriga”.
L’albero della cuccagna
L’Albero della Cuccagna non è solo un semplice divertimento: è una metafora della vita, un invito a superare i limiti e a perseguire i sogni. Simboleggia la sfida continua, le cadute e le risalite che ci rendono più forti e resilienti. Non si tratta solo di raggiungere la cima e ottenere premi, ma di vivere un’esperienza di condivisione e gioia, riscoprendo i valori della tradizione e la bellezza dello stare insieme. L’Albero della Cuccagna ci insegna che la vera felicità risiede nell’essere parte di qualcosa di più grande, nel godere del presente e nell’affrontare la vita con entusiasmo e coraggio. L’Albero della Cuccagna, quindi, non è solo un gioco, ma una vera e propria prova di forza, destrezza e ingegnosità, dove i partecipanti devono arrampicarsi su un palo unto per raggiungere i premi. È un gioco tradizionale che unisce cultura e divertimento, un tesoro culturale che racchiude storie tradizionali e un senso di comunità che attraversa generazioni.
Disegno di Achille Pinelli (1809 – 1841) conservato presso gli Archivi del Museo Thorvaldsens
Palo della Cuccagna eretto a Canzo (Como), anno 2017
I fuochi artificiali
I fuochi artificiali nascono in Oriente, probabilmente in Cina, dopo che fu inventata la polvere da sparo, un ingrediente essenziale per produrre esplosioni. La polvere da sparo è utilizzata infatti sia come propellente, per portare i fuochi in quota o farli girare, sia come detonante, per farli esplodere una volta raggiunta l’altezza desiderata. Sulla data non c’è sicurezza, ma siamo certi che in Cina i fuochi artificiali erano conosciuti e usati attorno all’anno Mille, sotto la dinastia Song. In Europa i primi fuochi artificiali furono sviluppati assieme alle applicazioni militari della polvere da sparo e usati, nel 12° secolo, soprattutto per celebrare le vittorie nelle guerre.
I primi fuochi artificiali non erano però colorati: l’arte della colorazione è infatti molto più recente. Fu l’introduzione, attorno al 1740, del cloruro di potassio nella miscela esplosiva a produrre le prime esplosioni luminose colorate. Iniziò allora l’epoca d’oro degli spettacoli pirotecnici.
Questi spettacoli sono ancora oggi preparati da artigiani del settore. Varie famiglie di artigiani, in Italia e Germania soprattutto, si tramandano i segreti per la costruzione di fuochi sempre più complessi, colorati e dagli effetti strabilianti, in una tradizione che si rinnova a ogni generazione. Oggi l’Italia vanta artigiani tra i migliori del settore.

Il Giocabriga
Giocabriga è una parola che non compare in alcun dizionario, ma è stata coniata a Bergantino nel 1986 per denominare esibizioni spettacolari di piazza che richiedevano abilità di gioco (Gioca) e tanta voglia di “brigare” (briga) in una sfida fra quattro contrade (Api, Brigantina, Burchiello, Piasarot) per la conquista di un trofeo. Gli attori dovevano essere rigorosamente bergantinesi. Più di mille attori di fronte a più di 5.000 spettatori ogni sera nel mese di giugno, in un paese di nemmeno 3.000 abitanti.
Centinaia di persone rinunciavano alle ferie annuali e alle ore di sonno di intere nottate per il raggiungimento di un bene comune. Le luci del Giocabriga da lungo tempo sono spente, ma il gesto di donare se stessi agli altri è un autentico valore che rimane nella nostra storia come esempio di una nobile coscienza civica.
Nella sala, attraverso la postazione audio-video è possibile la visione di filmati che documentano gli spettacoli messi in scena dalle quattro contrade.

B4 – Sala del moderno luna park “Vito Benevelli”
Oggi Luna Park vuol dire luci, colori, suoni, movimenti, emozioni, tecnologie e perciò è difficile cogliere la dimensione storico-culturale del mondo delle giostre. Il Luna Park ci appare dominato da “mostri” meravigliosi, da macchine sofisticatissime, di cui si percepisce, soprattutto, la dimensione del presente e la sua proiezione verso il futuro. Eppure, ogni giostra ha un passato interessantissimo e spesso così lontano nel tempo che ne emergono, naturalmente, storie e speranze di uomini, usi e costumi di popoli di paesi diversi, di culture e credenze differenti, accomunati, però, da uno stesso, profondo, sogno-bisogno di felicità.


La sala è dedicata a Vito Benevelli (Modena, 1928-2017), appassionato modellista e creatore di un intero Luna Park in miniatura. I modellini qui esposti sono stati costruiti in un periodo di 25 anni e il livello di precisione nei particolari sfiora la perfezione. Ne sono esempio sorprendente tutte le navicelle delle giostre che sono dotate di seggiolini foderati in finta pelle e tutti rigorosamente imbottiti.

B5 – Sala precinema e cinematografo ambulante
Nel corso dei secoli sono stati costruiti diversi strumenti per proiettare immagini, come la “lanterna magica” inventata nel Seicento. Il cinema, però, è nato solo alla fine dell’Ottocento, grazie a due invenzioni precedenti: la fotografia e la pellicola. Sfruttando le loro potenzialità, nel 1891 Thomas Edison inventò un apparecchio, il kinetoscopio, che consentiva di vedere immagini in movimento, e pochi anni dopo due fratelli francesi, i Lumière, crearono uno strumento che consentiva sia di riprendere che di proiettare: il cinematografo.
Il successo fu immediato e gradualmente furono apportati miglioramenti alla strumentazione, con l’introduzione del sonoro negli anni ‘20, e furono cambiati i modi per “costruire” i film.
Erminio Fonzo, ricercatore


Nei primi anni la mobilità del Cinema viaggiante veniva organizzata per mezzo di carrozzoni e baracconi cinematografici che, come quelli delle giostre e dei circhi, si possono facilmente spostare, montare e smontare sulle piazze dove si svolgono fiere in grado di richiamare periodicamente folle consistenti di spettatori.
I primi baracconi ambulanti inglesi costituiscono il modello, sia da un punto di vista organizzativo, sia da quello scenografico, al quale si adeguano, negli anni successivi, anche gli altri ambulanti europei ed americani. I primi e più importanti pionieri italiani del cinema ambulante sono stati il fotografo modenese trapiantato a Milano Italo Pacchioni e il piemontese Giuseppe Boaro. Seguiranno più tardi, negli anni ’20, Antonio Zamperla e Giobatta Zamperla.

B6 – Sala degli organetti

A fine Quattrocento, Leonardo da Vinci disegna un tamburo meccanico che serviva per sostituire i tamburini, ragazzi che, battendo su tamburi, segnavano la cadenza del passo delle truppe che in battaglia avanzavano verso i nemici, ma questi ragazzi, trovandosi davanti all’esercito, erano i primi a cadere uccisi. Il Tamburo meccanico risparmiava la vita di tanti giovani. Il disegno del tamburo di Leonardo non era uno schizzo, ma un disegno costruttivo con tutti i particolari, che hanno consentito all’Associazione di Musica Meccanica Italiana (AMMI) di Cesena di riprodurre nel 2009 il tamburo esattamente come Leonardo l’aveva disegnato.
Cosa sono gli Strumenti Musicali Meccanici? Sono dei produttori di un suono in cui la sequenza delle note è già programmata e ricavata da una sezione di controllo e infine passata ad una cassa di risonanza, cioè allo strumento musicale stesso.
Tutta la meccanica del tamburo parte da due cilindri dentati che costituiscono il principio della musica meccanica; il movimento delle ruote, attraverso ingranaggi, fa ruotare i cilindri dentati, che a loro volta azionano dei martelletti producendo così il suono e la melodia.
I costruttori erano concordi e non confusero mai la musica eseguita con quella suonata dai loro strumenti. Essi pensavano che compito della musica meccanica non fosse imitare gli esecutori, ma creare qualche cosa di più fantasioso e ricco, che a modo loro, avesse le caratteristiche del divertimento e del sorriso.


Quella dei piani a cilindro fu una realtà che dipinse una sua parabola ascendente per tutta la prima metà del Novecento e che s’interruppe bruscamente con la diffusione a larga scala dei grammofoni e della radio. Come un interruttore che viene spento, le fabbriche degli organetti chiusero una dopo l’altra ed i maestri costruttori portarono nell’oblio tutti i segreti e le tecniche per la loro fabbricazione.
Musicalia di Cesena, sede dell’Ammi (Associazione Musica Meccanica Italiana). Sono esposti esemplari di organetti portativi, detti “spalloni”, e un piano a cilindro dei primi del ‘900 della ditta veronese De Vecchi